Enzo Rossi-Roiss

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DI UNA ASTUTA EXPO NOMATA “OPEN” ARREDO URBANO STAGIONALE DEL LIDO DI VENEZIA DURANTE I GIORNI DELLA MOSTRA DEL CINEMA

OPEN, International Exibition of Sculptures and Installations allestita en-plein-air al Lido di Venezia, reddita quanto basta da 15 anni il boss di Arte Communications Paolo De Grandis, sconiugato da Paivi Tirkkonen scarsamente redditata, invece, a Cibiana di Cadore (Belluno) dove si attiva come boss di una agenzia personale (http://www.paiviproarte.com). Tale OPEN si concretizza materializzandosi ogni anno come arredo urbano stagionale, realizzato con opere di artisti (allodole) che  pagano il dovuto al De Grandis (specchietto) per logotiparsi nel CV personale esposti a Venezia, in concomitanza con la Mostra del Cinema.
Sono in gran numero gli stranieri orientali (tanta Korea), sempre meno numerosi gli italiani (5 partecipanti) e gli occidentali (tanta Grecia): tutti coinvolti a sperimentare una esperienza espositiva datata 2012 che, alla resa dei cosiddetti conti, si rivela sterile per quanto riguarda la promozione al seguito, poiché ai cosiddetti “addetti ai lavori”  del Sistema dell’Arte continua a rivelarsi portatrice di minus-valore, come le expo con date precedenti. Annunciata duratura dal 30.8 al 30.9, ha per fruitori cinefili di ogni età in transito frettoloso soltanto durante i 10 giorni della Mostra/Festival: poi risulta attenzionata soltanto da chi abita stabilmente al Lido.
Trattasi di una astuta expo (fungaia) che continua a vegetare nell’umus sottostante e circo-stante di una manifestazione (quercia) inequivocabilmente internazionale nomata Mostra del Cinema.

Gli artisti “OpenEsposti” dell’annata 2012 (a futura memoria webizzata) sono: Nora Iniesta, Lindy Lee, Virginia Ryan, Ronni Ahmmed, Mahedi Anjuman Joothi, Shakhwat Hossain Razib, Lim Dong-Lak, Yang Mian, Au Hoi-Lam, Lui Chun-Kwong, Venia Bechrakis, Effie Halivopoulou, Fotini Kariotaki, Maria Kompatsiari, Artemis Patamianou, Aspa Savidi, Davide Aghayan, Chiara Bugatti, Ursula Huber, Yousef Moscatello, Anita Sieff, Daniel Rothbart, Liu Jia, Liu Dahong, Andreas Kuhnlein, Cornelia Kubler Kavanagh e Limacina Helicinai, Fernando Reyes, Gaylord Chan, Lia Wei e Zhang Qiang, Lampros Asimakis, Eleftheria Gavrilidou & C., Giorgos Gerontidis, Nikos Gkoulios, Kostantina Kotzamani, Christos Sitaridis, Maya Tsambrou, Vlahopoulos Yannis.

Published by rossiroiss, on agosto 31st, 2012 at 5:34 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

RIGA STREET IN CAMPO SAN ZACCARIA A VENEZIA BIENNALIZZA LA PROFESSIONE DI ARCHITETTO ESERCITATA NELLA REPUBBLICA DI LETTONIA

La Repubblica di Lettonia meriterebbe un premio speciale per aver realizzata la sua partecipazione alla 13.Biennale dell’Architettura spendendo il meno possibile. Autonomamente, senza l’assistenza prezzolata dell’agenzia Arte Communications del duo De Grandis-Tirkonnen (non più “duo” nel frattempo), si è insediata en-plein-aire sul suolo pubblico del Campo San Zaccaria con l’installazione di un manufatto, a costo zero per quanto riguarda il servizio di guardiania dal 29 agosto al 25 novembre 2012.

L’installazione è stata concepita per esemplificare la professione dell’architetto esercitata o esercitatile nel contesto urbano e  territoriale lettone, data la realtà contemporanea socio-economico-culturale. Ha per titolo RIGA STREET IN VENICE.

Dopo gl’insediamenti nel mini-negozio per souvenirs della Riva San Biagio, prescelto a  caro prezzo come “padiglione” per la partecipazione alle Biennali dell’Architettura “madrinate” e inaugurate da Helena Demakova, considero performance esemplare l’insediamento en-plein-air lettone, imitabile da chi dispone di budget inadeguato. A chi l’ha pensato e realizzato sia riconosciuto ogni merito.

Nel sito web “la Biennale” la partecipazione lettone risulta schedata come qui di seguito.
LETTONIA
Inner Freedom. Riga street in Venice
“Other Side Studio” Other Side Studio (Aksels Bruks, Kristaps Kleinbergs, Edgars Rožkalns, Helvijs Savickis, Austra Stupel) con Liga Apine e Ieva Kulakova

Commissario: Andris Kronbergs. Curatore: Ieva Kulakova. Curatore Aggiunto: Andris Brinkmanis. Sede: Campo San Zaccaria
www.innerfreedom.lv

Altro testo è leggibile in: http://www.italo-baltica.it/blog/la-lettonia-en-plein-air-nella-biennale-architettura-2012.html

Published by rossiroiss, on agosto 31st, 2012 at 11:01 am. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DELLA VETROSITA’ ARTISTICATA ESPOSTA A VENEZIA IN CONCOMITANZA CON LA BIENNALE ARCHITETTURA

A Venezia è tanta la vetrosità esposta in concomitanza con la 13.Biennale dell’Architettura (29 agosto – 25 novembre 2012), in più location diversamente mappate e diversamente visitate, conseguentemente. Persistente fino al 30 settembre la Fucina degli Angeli di Egidio Costantini esposta nel Museo del Vetro a Murano.
Le Stanze del Vetro stabilmente insediate sull’Isola di San Giorgio (free entrance), iper notiziate e illustrate più volte dai cronisti locali, copiando e incollando (talvolta anche firmando) testi di comunicati stampa, espongono la vetrosità made in Murano artisticata da Carlo Scarpa per Venini.
La vetrosità made in Svezia con inclusioni materiche aliene, artisticata dallo svedese Bertil Vallien, fa bella mostra di sé nelle sale al primo piano del Palazzo Cavalli Fianchetti (visitabile pagando un ticket), promoter e mercante l’imprenditore veneziano Adriano Berengo: self-made-man tutto fare, tutto dire e tutto scrivere e dettare, per pagare costi meno onerosi, tutto surrogando autarchicamente.
La vetrosità progettata per la Scuola del Vetro Abate Zanetti, in concorso per il Premio Murano risulta esposta nella Scuola della Misericordia (free entrance): in una mega location – monumentale – mal mappata nel Sestiere Cannaregio e perciò penalizzata per quanto riguarda l’affluenza dei visitatori, estremamente periferica rispetto al polo turistico della cosiddetta Area Marciana e al polo espositivo Giardini-Arsenale.
Tant’altra vetrosità artigianale, sia d’uso sia decorativa, incomparabile al vetro artisticato, comprensiva di pupazzetteria policroma presepiabile, risulta esposta in location espositive surroganti,  proposta e promossa dopolavoristicamente: docet (una per tant’altre!) l’expo collettiva intitolata “Venezia di vetro” allestita nella Cà Zanardi (free entrance) del Sestiere Cannaregio.

Published by rossiroiss, on agosto 30th, 2012 at 8:49 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DI ADRIANO BERENGO GLASSBOSS SELFPROMOTER ORGANIZZATORE DELLA EXPO BERTIL VALLIEN Collaterale della Biennale Architettura a Venezia

POSTATO ANCHE IN: http://lampisterie.ilcannocchiale.it/post/2751632.html

photoKosta Boda – Bertil Vallien Art Glass

Imperdibile l’expo Bertil Vallien (svedese del 1938) nelle sale del Palazzo Cavalli Franchetti, collaterale prezzolata della Biennale Architettura (28.08 – 25.11.2012 in Campo Santo Stefano a Venezia). Imperdonabile che a tale artista non sia stata data visibilità espositiva a Venezia in concomitanza con una delle Biennali dell’Arte degli anni scorsi. E’ una expo retrospettiva allestita con opere plastiche vetrose made in Svezia, in contemporanea con l’expo Scarpa-Venini nelle Stanze del Vetro sull’Isola San Giorgio allestita con opere vetrose made in Murano. Vetrosità artisticata diversamente eccellente a confronto, quindi, anche diversamente massmediatizzata e accreditata,  per collezionisti e studiosi, considerabile diversamente dalla vetrosità artisticata della Fucina degli Angeli esposta dal Museo del Vetro a Murano per celebrare Egidio Costantini e giubilarlo nell’anno centenario della sua nascita. In barba a ogni iniziativa espositiva da altri intrapresa col proposito di promuovere e tutelate la vetrosità artisticata made in Murano, presupponendola portatrice di plus-valore ineguagliabile e virtuosità inimitabili, come ho scritto redigendo altro testo. L’impresa è stata compiuta da Adriano Berengo (veneziano del 1947), imprenditore con fornace propria e tanto altro a Murano e Venezia, boss di Glasstress che nelle sale di Palazzo Cavalli Franchetti s’insedierebbe stabilmente come curatore e monetizzatore di esposizioni allestite con opere vetrose, pagando il dovuto a chi di dovere (come suol dirsi!), in barba (contrariamente) alla finalità statutarie dell’Istituto Veneto per le Scienze Lettere e Arti.
Lo stesso Adriano Berengo self made man (dall’ago al miliardo), biografabile con la narrazione di un vissuto che qui di seguito zibaldonizzerò ad usum narrazione più esaustiva.

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A Venezia, giorno verrà in cui sul muro esterno di un condominio popolare del Sestiere Castello, mappato al n.1442 della Calle Colonne nel complesso abitativo angiportesco nomato “Marinaressa“, con doppio accesso sulla Riva dei Sette Martiri, per chi si direziona a via Garibaldi, sarà possibile leggere una lapide incastonata per commemorare un enfant du pays, di quelli che ce l’hanno fatta, con incisa questa iscrizione.


Nell’appartamento sottotetto al secondo piano di questo condominio ha abitato Adriano Berengo generato da un falegname arsenalotto nell’anno 1947, destinato ad ereditare il 50% di 65 mq abitabili, scarsamente pregiati, in con-proprietà con l’unico fratello minore Roberto. Divenne imprenditore vetrario con fornace di sua proprietà e maestri vetrai suoi dipendenti, praticando (prima) e promuovendo (poi) il commercio di manufatti vetrosi modellati nelle fornaci di Murano d’aprés creazioni di artisti: tanto da arricchirsi a dismisura perchè naturalmente abile nell’organizzare la commercializzazione a caro prezzo perfino dell’invendibile senza prezzo.

Chi scriverà tale iscrizione, quasi certamente sarà un conoscitore dell’ enfant du pays, nomato come un famoso imperatore romano letteratureggiato da Marguerite Yourcenar. La scriverà un autore di epigrafi epigono di Emanuele Antonio Cicogna (1789-1868): l’insigne raccoglitore/trascrittore di testi lapidei commemorativi, editati col titolo “Delle iscrizioni veneziane“, in sei volumi tra il 1824 e il 1853. Sarà, perciò, un pubblicista che avrà scritto anche altro, divulgato da media cartacei per bio-bibliografare l’Adriano Berengo raccontato sommariamente come qui di seguito.

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Adriano Berengo ha cominciato a intrattenere rapporti ravvicinati con l’artisticità sposando Antonietta (già incinta), figlia acculturata di un pittore veneziano che ha trascorso la sua esistenza dipingendo e insegnando a dipingere senza gloria e senza infamia (Sandro Sergi 1922-1998). Disponendo di un sapere culturale scolastico acquisito presso un Istituto Tecnico Nautico (detto “dei marinaretti”) che lo ha diplomato radiotelegrafista, idoneo a insegnare l’apprendimento dell’alfabeto Morse (prima). Con possibilità di accesso, previo esame di ammissione, alla facoltà universitaria che lo ha laureato conoscitore della lingua inglese (poi), predestinandolo a intrattenere rapporti con persone anglofone.
Si è iniziato al commercio dell’oggettistica vetrosa muranese, sia decorativa sia d’uso, operando nel ruolo di “esterno“ (cosiddetto!) pro sale di vendita di alcune fornaci (Murano Venezia – Bisanzio – Marco Polo), incaricato d’intrattenere rapporti proficui con “sgaloppini“, “apportatori“ e “intromettitori“ (cosiddetti!). Fino al momento in cui, sperimentatosi come docente precario di alfabeto Morse e lingua inglese poco redditato dal 1977 al 1981, con moglie e primogenito (Marco) nato nel 1972 bisognoso di alimenti, rilevò parte di una fornace (la Bisanzio), associato ad altri (Roberto Salviato, Carla Rigo e Dino Giusto), per dare inizio alla sua attività imprenditoriale.
Ha ricoperto il ruolo di amministratore dell’azienda vetraria Marco Polo, maturando una liquidazione di 500 milioni pre-euro nel momento in cui decise di mettersi in proprio, come suol dirsi, ruolandosi titolare-ombra di una mini impresa commerciale, terrazzata sulla Marco Polo e intestata Scandiuzzi (fratello di Doriana), che nomò Pinocchio (per le tante bugie già dette, o che avrebbe continuato a dire), prodromo di ogni altra impresa “bugiosa“ successiva diversamente nomata.

Familiarizzando con Paolo Valle, artista veneto coetaneo nato nel 1948, compagno di bevute al Lido, ha conosciuto il pittore Riccardo Licata nato nel 1929. In Artefiera a Bologna ha incontrato l’artista austriaca Kiki Kogelnik (1935 – 1997) alla quale ha proposto con successo di ri-produrre in vetro le sue maschere create modellando ceramica. Ha intrattenuto rapporti di amicizia con Gianfranco Chinellato in dimestichezza con la scrittura poetica, senza divenire lettore di libri scritti da poeti. Ha gestito un primo negozio a Murano, rilevato da Simone Genedese.
Durante una vacanza alle isole Canarie ha incontrato una cittadina olandese (Rietje Mackenbach) separata dal marito e con figlio unico disadattato a carico, titolare di un bar frequentato da artisti a Arnhem, che ha poi assunto il ruolo di sua seconda moglie nel 1991, essendo nel frattempo la sua prima moglie (Antonietta Sergi) divenuta madre di due figlie concepite in rapporto di coppia con altro partner.
Come organizzatore di mostre d’arte allestite con vetri d’artista ha esordito a Casarsa della Delizia nel Friuli di P.P.Pasolini, replicandosi a Venezia in alcuni spazi del Museo Diocesano, con opere vetrose di Vito Galfano (olandese di origine siciliana) e Robert De Fritz.
Durante gli anni Novanta, ha prodotto e mercanteggiato in gran numero oggetti materiali costituiti da materiale vetroso artisticato, stimolato dalla moglie olandese (destinata a ruolarsi gallerista autonoma in location di proprietà personale, divorzianda nel 2000).  Caratterizzandosi e propagandandosi anche come brand diversamente nomato ed eccellendo nel rebranding o Xe Service. Tanto da poter aspirare a divenire un giorno brand/lasciapassare per esporre in Art Basel, Fiac Paris, Arco Madrid, Artefiera et location espositive similari: fiere leaders oggetti di desiderio inibito dal 2000 (anno dell’unica presenza in Arco, “infortunata“ da una lite giudiziaria con Egidio Costantini de “La Fucina degli Angeli“).
L’arricchimento personale ha cominciato a realizzarlo insediandosi come Berengo Studio in Calle Larga San Marco 412-413, negli spazi di una ex farmacia d’antan, dove ha incrementato il mercanteggiamento e la monetizzazione, soprattutto durante i primi anni successivi al 2000, di una variegata pupazzetteria vetrosa policroma raffigurante  antropomorfismi e zoomorfismi modellati da creativi naitiviteggianti (Vigliaturo, Zeppel-Sperl, Ripolles, Rezzonico et similia per es.), refrattari a ogni artisticità spiazzante e mortificante.
Fino all’anno 2009, anno primo di Glasstress, evento collaterale prezzolato della Biennale d’Arte insediato nel Palazzo Cavalli Franchetti a Venezia, mentore/madrina la glassologa Rosa Barovier Mentasti, con ticket per i visitatori: ibridato poi tanto da caratterizzarlo, già nel 2011, strutturato come expo collettiva fierizzata e remunerativa a priori, con curatela collettiva eterogena, acquisibile  e curriculabile previa quota di partecipazione pagata anticipatamente da ogni singolo artista, oppure dal gallerista mercificatore di ogni singolo artista. Catalogo realizzato astutamente a posteriori con più copertine, ognuna concordata (commissionata) ad usum promozione dell’artista copertinato, previo acquisto anticipato di un tot copie.

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Scritto ciò, di Adriano Berengo considero opportuno continuare a scrivere ciò che segue, compiendo un esercizio di stile scrittorio a me congeniale.

Adriano Berengo è un imprenditore che interloquisce sorridente con ogni ipotetico cliente, esprimendosi con linguaggio imbonitorio sostenuto da gestualità giullaresca, ogni qualvolta mira a costituire un sistema patafisico di segni lusingatori forieri di occulta persuasione all’acquisto degli oggetti materiali vetrosi che propone e decanta come oggetti dotati di plus-valore artistico, custodia e garanzia di plus-valore monetario, dichiarandoli modellati tutti nella sua fornace a Murano.
Un imprenditore divenuto artefice incontestabile di una impresa organizzativa e commerciale esemplare, fucina d’interrelazioni redditizie delle quali è governatore “ubuesco“ autoritario, supportato da collaboratori, sia esterni sia interni, tutti ruolati “palotini“ con l’obbligo di applaudire ogni sua iniziativa e condividere ogni sua decisione, pena l’interruzione del rapporto lavorativo.
Un imprenditore che eccelle nella pratica del rebranding o Xe Service fiscoelusore/ingannatore, variamente nomato Venice Project – Berengo Studio 1989 – Berengo Centre for Contemporary and Glass: non più nomato (e fiscalizzato)  Berengo Fine Art – Berengo Studio – Berengo Collection.

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L’iperluogo natio biografante che lo logotipa è Via Garibaldi, la lunga e larga arteria stradale veneziana che non risulta nomata Calle, contigua all’Arsenale nel Sestiere Castello: l’equivalente di un villaggio originario popolare angiportesco dove ha trascorso innumerevoli “sabati“ leopardiani adolesceziali…intra di quei / ch’ebbe compagni nell’età più bella, nel ruolo di aspirante imprenditore vetrario di successo.
La via Garibaldi complesso urbano memoriale location dei primi innamoramenti, di un primo matrimonio riparatore e dei disagi post-bellici patiti durante gli anni adolescenziali pre miracolo economico: dai quali non è ancora riuscito ad affrancarsi psicologicamente, malgrado il benessere  economico miliardario conseguito e la promozione socio-culturale medio-borghese acquisita.
La via Garibaldi dove abita la zia materna Giulia novantenne, sitter e badante del suo primogenito Marco, educato e accudito dalla mamma, divenuta moglie prematuramente separata e poi divorziata, madre anche di due figlie concepite in rapporto di copia con altro partner.
La via Garibaldi (n.1533) del Ristorante Giorgione di Lucio Bisutto (folksinger dialettale veneto), dove il Berengo si reca frequentemente a mangiare le specialità delle isole della laguna con clienti-ospiti stranieri e conoscenti d’antan garibaldo-sestierati, agli occhi dei quali si esibisce nel ruolo di enfant du pays divenuto boss onusto di gloria imprenditoriale, che molto ha già ottenuto e tant’altro può ottenere, pagando i conti con varie carte di credito: cittadino veneziano residente al Lido in villetta unifamigliare di sua proprietà con moglie esotica (la terza) giovanissima, interrelazionato in più luoghi stranieri abitati e frequentati da anglofoni.
La via Garibaldi spazio pubblico collettivo dove intrattiene rapporti weekendificati con i due figli “infanti“ Hana-Mila e Adriano II°, generati già sessantenne con la giovane moglie Marya Kazoum, artista performer libano-canadese over30, che esibisce come trofei testimonials della sua virilità stagionata, anche ad astanti sconosciuti che lo ruolano nonno istintivamente, tanto risulta fuori ruolo fisicamente come loro papà.
La via Garibaldi dove risulta insediato al numero civico 1639 un negozio nomato Alice in Wonderland Fine Arts Gallery gestito da Sergio Parma, sperimentato venditore di oggettistica vetrosa e suo consuocero mancato: compagno d’incursioni commerciali giovanili in territorio straniero e co-dormiente in una Peugeot blu per economizzare alla fine di giornate concluse economicamente in bianco.

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CONCLUDENDO – C’è qualcosa di dolorosamente solipsisistico nella condizione di self-mad-man del Berengo, al quale il successo economico non risulta bastevole per l’affrancamento dal richiamo delle origini, nè dalla solitudine dell’uomo-isola. Un uomo divenuto artefice incontestabile di una impresa organizzativa e imprenditoriale esemplare, oltre che inemulabile, fucina d’interrelazioni commerciali redditizie delle quali è governatore “ubuesco“ autoritario e factotum autarchico, sospettoso di ogni  individualità creativa portatrice d’intellettualità inassimilabile e incontrollabile.

Published by rossiroiss, on agosto 24th, 2012 at 2:21 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DELLA “CRISTALLIZZAZIONE” LETTERATUREGGIATA DA STENDHAL NEL 1819 IN “DE L’AMOUR”

“Quello ch’io chiamo cristallizazione, è l’opera della mente, che da qualunque occasione trae la
scoperta di nuove perfezioni dell’oggetto amato: (…) tale fenomeno è generato dalla natura che ci comanda di godere e ci manda il sangue al cervello, dal senso che il gaudio aumenta con le perfezioni dell’oggetto amato, e dal pensiero: ella è mia. (…) un uomo appassionato vede ogni perfezione in colei che ama”.
Lo ha scritto nel capitolo secondo de “De l’Amour” (1819), uno Stendhal non ancora autore dei romanzi per i quali gode celebrità. Componendo un libro (edito nel 1822) che “….fra tutte le monografie sull’amore, è certamente la più efficace e la migliore, e quella da consultare sempre per prima” (Emile Henriot); “…insieme un arringa di difesa, una terapia rivolta a se stesso” (Victor Brombert); “…traboccante della più fervida passione: delle sue gioie, dei suoi tormenti, illusioni felici e delusioni amarissime di innamorato, dei rapimenti ineffabili e della disperazione più cupa¸in fondo alla quale si trova pur sempre però una certa felicità, quella dell’amare, che l’amore non nega mai a chi si concede a lui con purezza di cuore” (Mario Bonfantini).
Uno Stendhal trentasettenne, scrittore di patimenti amorosi autobiografici narrati e commentati come finzioni letterarie, vanamente innamorato dal 1818 al 1822 di Metilde Viscontini ventiquattrenne maritata Dembowsky, “…gentile, ragiona bene, con troppi angoli nelle sue forme per essere graziosa”, destinata a morire trentacinquenne.

Published by rossiroiss, on agosto 22nd, 2012 at 8:14 am. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DUE VULVAEPISTOLE INEDITE ad personam

Photo: I libri fuori catalogo o esauriti possono essere ordinati a: www.LibreriaParolini.com

VULVAEPISTOLA PRO DEA SUPERIORE

Mia cara,
siccome ogni relazione conclusa e archiviata mi ha reso più esigente durante la relazione successiva, ed ogni cosa in te è in offerta speciale per la soddisfazione del reciproco desiderio sessuale intrattenendo rapporti sempre più ravvicinati e frequenti, durante ogni nostro incontro ci condurremo di piacere in piacere compiendo ogni esercizio della galanteria. Poiché voglio che tu sia mutante come Proteo durante ogni amplesso: una leonessa per quanto riguarda l’irruenza, un serpente per quanto riguarda l’arte d’insinuarti, onda e fiume nel sottrarti, per consentirmi di scoparti come una mortale, considerandoti dea superiore a tutte le mitiche dee dell’antichità. Tutto ciò che l’arte amatoria, appresa leggendo certi libri unici, mi consentirà di escogitare lo metteremo in opera impigliandoci in voluttuosi preliminari, però, assecondati dalla natura che eseguirà docile i nostri ordini: in modi tali che la passione ci inebrii concretizzando le nostre fantasie, abbattendo e vanificando ogni ostacolo alle nostre effusioni, fomentando l’estasi del possesso perchè ci pervada tanto da fonderci fisicamente e farci costituire una unità taoista (1+1=1). La singolarità del nostro rapporto sia l’unico argomento delle nostre conversazioni prima, durante e dopo ogni nostro amplesso.

VULVAEPISTOLA AD FICOFORA STRAORDINARIA

Mia cara,
sapendoti over 30 e considerandoti ficofora straordinaria, scrivo:… non perdere il tempo più felice della tua vita, poichè sono corti e pochi gli anni del piacere più succoso e orgasmico: quelli del decennio 30-40, ai quali seguono quelli del decennio successivo durante il quale comincerà ad attenuarsi la pulsionalità che attiva il desiderio di scopate condivise. Non correre il rischio di perderti occasioni d’intesa sessuale irreplicabile. Trascina al seguito del tuo fascino chi ti concupisce come portatrice di carica erotica a miccia corta, e acconsenti alle sue richieste copulatorie in modo che durante ogni amplesso lo smarrimento ti derivi dai sensi. L’intensità del piacere così goduto sarà tale che ti donerà gradevolissime memorie durante gli anni della vecchiaia. Rammemorando, “Breve è la giovinezza, e insensato  chi la lascia sfiorire senza gustarne le gioie più belle”: scritto da Claude Godard D’Aucour (1716-1795) nel suo capolavoro letterario “Thèmidore” pubblicato nel 1745. Comunque vadano a finire la tue serate successive alla data di questa vulvaepistola, ogni qualvolta le concluderai delusa o in solitudine, presupponendoti destinataria privilegiata di ciò che scrivo, rileggimi prima di addormentarti.
A futura memoria di un rapporto destinato a risultarci, comunque,  artefice di differenza… emozionale.

Published by rossiroiss, on agosto 15th, 2012 at 6:47 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

ALMA MUNDIS GUEST STAR DELLA TORCELLANA 2012 A VENEZI

http://www.facebook.com/media/set/?set=a.10151089845299105.453898.731919104&type=3

La “Torcellana 2012”, raduno annuale de I Antichi sull’isola di Torcello nella residenza al chiuso e all’aperto di Renata Carlotto, è stata realizzata a goduta domenica 29 luglio da numerosi partecipanti d’ambo i sessi e di ogni età, tutti rigosamente abbigliati da indumenti bianchi, per il sesto anno consecutivo dal 2007: anno del suo concepimento in concomitanza con l’esposizione sul prato della Carlotto dei due maxidadi iconovulvati della Vulveide in Laguna (fotografati dal satellite), performance espositiva di Enzo Rossi-Ròiss in Campo San Maurizio durante il periodo carnevalesco
Il “Reading su l’herbe” annunciato ha avuto per protagonisti il giovane poeta Alessandro Burbank (sperimentato dicitore di versi propri) e i meno giovani Luca Colferai e Enzo Rossi-Ròiss che hanno letto (alternandosi) testi di Dante Aligheri, Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli (il primo), Tonino Guerra, Lawrence Ferlinghetti e Friedrich Nietsche (il secondo). Dopo una sorprendente e intrigante performance sciamanica mimo-neniata di Anima Mundis (Gabriella nel registro anagrafico) abbigliata soltanto da verzurosità del luogo appositamente recisa.

Published by rossiroiss, on agosto 2nd, 2012 at 8:01 am. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati