Enzo Rossi-Roiss

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CONFINATI NELLA PERIFERIA ROMANA

I “SEGNI” DEI CONFINI ESTETICI DI 25 ARTISTI

Con le opere di 25 Autori (pittori, scultori, fotografi, videoartisti) è stata allestita una esposizione collettiva (10-29 febbraio) in un centro d’arte della periferia romana, denominato Mitreo (via M.Mazzacurati 61/63), raggiungibile dopo aver percorso 14100 metri dalla Stazione Termini, come descritto qui di seguito in un documento dell’ATAC (Agenzia per la mobilità del comune di Roma).
Partenza da Stazione Termini – A piedi per 100 metri, fino alla fermata Termini – Prendere la linea METRO A (BATTISTINI) per 10 fermate METRO a ogni 3 min. – Scendere alla fermata Cornella – A piedi per 100 metri, fino alla fermata C.NE CORNELIA/AURELIA – Prendere la linea 889 (MAZZACURATI) per 25 fermate 889 ogni 12 min. – Scendere alla fermata POGGIOVERDE/TRENTACOSTE – A piedi per200 metri, fino all’arrivo via Marino Mazzacurati, 612 – Metri percorsi 14100.
Ciò significa che l’esposizione ha fatto registrare un consistente numero di “presenze” (artistiche e amatoriali) soltanto durante le poche ore del vernissage, suscitando una debole eco massmediatica, costituita dalla diffusione del comunicato-stampa redatto da chi l’ha organizzata.
Il curatore dell’esposizione, Maurizio Vanni indefesso promoter gregario di mostre collettive tematizzate pro-tesina-esegetica-propria, l’ha intitolata “Segni di confine”: quasi certamente perché allocata surrettiziamente “al di là” della perimetrazione che delimita l’area urbana capitolina nella quale hanno sede le location espositive frequentate dalla promozione che può derivare agli artisti e alla artisticità soltanto intrattenendo rapporti ravvicinati e fertili con curatori leader favoriti del (e dal) cosiddetto “sistema dell’arte”.
Per l’occasione sono state collettivizzate opere di (nell’ordine del comunicato-stampa webizzato): Pittori (Elio De luca, Nino De Luca, Bruno Di Lecce, Gaetano Di riso, Stefania Fabrizi, Paolo Fiorellini, Giuliano Ghelli, Julia Landrichter, Hannu Palosuo, Nicola Perucca, Pupillo, Alfredo Rapetti, Karl Stengel, Lolita Timofeeva). Scultori (Peter Demetz, Eugenio Riotto). Fotografi (Roberto D’Alberto, Patrizia Dottori, Rodolfo Fiorenza, Sara Munari, Carlo Pettinelli, Cristiano Quadraroli, Francesca Ripamonti, Roberto Vignoli). Videoartisti (Claudia Ballesi).

Published by rossiroiss, on febbraio 27th, 2008 at 9:40 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DELL’ARTE DELLA CARTAPESTA

 

ESPOSTA DAL MUSEO DIOCESANO A MILANO

cartapestaGenova

foto: Statue presepiali policrome in cartapesta genovese della prima metà del sec.XVIII (h. cm.42). Cat. Asta San Marco, Venezia 21 ottobre 2007.

Il cosiddetto “più” è stato fatto, documentato da un libro della Silvana Editoriale, con testi di Autori Vari e riproduzioni di opere rinvenute nel qua e là nazionale ispezionato ad hoc per la cosiddetta bisogna. Cento e più sculture variamente modellate e colorate in epoche e località differenti, da artisti eccellenti e artigiani diligenti, assembrando alla svelta, o per convenienza contingente, carta in fogli a materiali diversi, sono state campionate in una esposizione dal Museo Diocesano di Milano (15 gennaio – 30 marzo 2008), per celebrare “…Sansovino, Bernini e i Maestri leccesi tra tecnica e artificio”, escludendo i Maestri del barocchetto bolognese e i loro emuli e continuatori, Maestri cartapestai della Bottega Dei Graziani a Faenza fino al 1930.
La quantità di cartapesta ( carta pestata!) rilevabile nelle opere esposte modellate in epoca precedente al sec. XVII è alquanto modesta, però, perché c’è tanta stoffa scaiolata o scaiola stoffata, supportata da materiali eterogenei: gesso, stucco, terracotta, paglia, fieno, sughero, bambagia, creta, stoppa, canne, cimatura, legno, fil di ferro, saggina. E’ possibile appurare ciò carotando ognuna delle opere esposte e sottoponendo ogni reperto carotato ad un attento e specifico esame merceologico.
Indicarle come sculture di cartapesta tout-court, perciò, significa assumersi “irresponsabilità” classificatorie a beneficio soltanto della commercializzazione di opere del genere nelle fiere antiquarie. Più opportuno, sarebbe, considerarle opere plastiche polimateriche, perché costituite da un insieme di più materiali, se modellate fino alla fine del 1700 e durante i primi decenni del secolo successivo. Considerandole modellate strutturando carta, più che poltiglia di carta, se d’epoca successiva al 1700. Tutte ”oggetti materiali” artigianali, più che artistici, dipinti perché colorati da dipintori, anzichè pitturati da pittori. Stereotipia plastica a gogò , quindi, realizzata col soccorso di collanti rudimentali autarchici, fino al momento in cui non sono stati disponibili altri collanti alternativi
Paolo Biscottini, direttore del Museo Diocesano milanese, ha scritto: ”Siamo consapevoli dei limiti entro cui ci siamo mossi, come la scarsità di studi sistematici sull’argomento”. In buona fede, quasi certamente: perchè i suoi collaboratori leccesi non gli hanno fornito i miei due libri “Cartapesta & Cartapestai” (1983) e “Cartapesteide” (2006), elencati nella bibliografia senza il nome della casa editrice e col nome del luogo di edizione sbagliato (il primo), senza il nome della casa editrice il secondo. Libri-dossier imbarazzanti (scomodi) per i cartapestologi e i cartapestofori leccesi, scritti da un autore che dell’arte della cartapesta ha cominciato a scrivere nel 1959: contenitori di testi che Caterina Ragusa ha trascritto e assemblato per laurearsi e ruolarsi cartapestolga, fino a meritare l’assunzione di una carica dirigenziale presso la Soprintendenza per il Patrimonio Storico e Artistico delle tre province salentine.
Siccome mi è stato detto che l’esposizione milanese sarà replicata a Lecce, suggerisco di completarla con qualcuna delle opere modellate a Bologna e a Faenza, tema iconografico di una esposizione fotografica pronta per essere allestita.

Published by rossiroiss, on febbraio 25th, 2008 at 5:34 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

IL PERFORMER CECCHINI NOTO SOLTANTO A SE STESSO

DURANTE I SUOI PRIMI CINQUANT’ANNI
SI E’ DATA E CONTINUERA’ A DARSI VISIBILITA’ MASSMEDIATICA
CONFORMANDO IL FUTURISMO ALLE PROPRIE VEDUTE
COL PROPOSITO DI DARSI CLIENTI NEL MERCATO DELL’ARTE

In coincidenza con l’esposizione d’arte “Italia picta in Latvia” di Ilze Jaunberga a Firenze, nello Storico Caffè Giubbe Rosse, il postpost-futurista Graziano Cecchini di Roma ha contestato il passaggio del tram in Piazza Duomo  con una performance  presente il critico d’arte Vittorio Sgarbi e una folla di giornalisti inviati dai media web e cartacei. Foto e video in: www.futurzig.it.
Aldo Palazzeschi, scrittore fiorentino nato nel 1885 e morto nel 1974  , futurista con Marinetti nel 1909, nel suo romanzo intitolato “Il Doge” del 1967 ha scritto:Dovendo noi considerare a cuor pacato non essere l’uomo opera di un geometra e tanto meno di un ragioniere, ma in maniera esclusiva attraverso un maschio ed una femmina del Signore, il quale ama la varietà delle cose e l’originalità delle sorprese, tanto da non esistere una sua legge che non abbia l’eccezione (…) esistono esemplari che hanno la specialità di ridurre anche le cose immense al minimo comune denominatore, conformandole al loro sentire e alle loro vedute, alle proporzioni del loro cervello di galline, riducendo il blocco del Montebianco un sassolino da mettere in una tasca del gilet (…)
Graziano Cecchini nato nel 1953, noto soltanto a se stesso durante i suoi primi cinquant’anni, privo di un curriculum scolastico ed espositivo  meritevole di essere esibito, non ha letto il libro del Palazzeschi ed ha poco letto anche i libri che hanno per argomento il futurismo storico e i suoi protagonisti. Ha deciso di attivarsi come performer sedicendosi “futurista” per far parlare e scrivere di sé, prima di esporsi come dipintore di oggetti materiali prodotti per essere mercificati dai suoi sponsor urbi et orbi, posibilmente a caro prezzo.
Vittorio Sgarbi lo ha definito “un manierista del futurismo”, non considerando “arte” la colorazione dell’acqua di Fontana di Trevi, le palline rotolanti sulla scalinata di Trinità dei Monti e le quattro modelle (ricche di anni giovani, più che di avvenenza naturale conclamata) dipinte ed esibite nelle sale del Caffè Giubbe Rosse: poiché l’arte è tale soltanto quando cambia la percezione della natura delle persone, delle emozioni e degli eventi che connotano (modificandola) la contemporaneità dell’artista.

CECCHINI

Published by rossiroiss, on febbraio 25th, 2008 at 5:22 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati