Enzo Rossi-Roiss

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UNA ASSOCIAZIONE DI SERVIZIO AD HOC PRO ARCHIVI D’ARTISTA CATALOGATORI

Il 18 dicembre 2014 è stata costituita con atto notarile n. 37692 DI REP. e n. 12118 PROGR., l’Associazione Italiana Archivi d’Artista. ( http://www.aitart.it/ ).

GIA’ ASSOCIATI:Cesare Andreani, Remo Bianco, Bruno Cassinari, Filippo De Pisis, Gianni Dova, Pinot Gallizio, GAM Torino, Giorgio Morandi, Ennio Morlotti, Centro L. Pecci, Pistoletto Onlus, Enrico Prampolini, Carol Rama, Atanasio Soldati. PRESIDENTE: Filippo Tibertelli De Pisis. Archivi e Fondazioni con eterogeneità assimilabili. Ad majorem artisti defunti gloriam et merchandise familistico, pro visibilità esegetica e consulenze artistico-sapienziali monetizzabili. Sotto a chi tocca degli Archivi non associati.

Sproverbiando è possibile scrivere: L’unione (associazione) fa la forza di chi singolarmente è debole! Auspicando l’omologazione di ogni costo relativo alle autenticazioni. Editando libri cartacei di puro servizio catalogatorio pro galleristi, collezionisti, courtiers e case d’asta.

(info@aitart.it) Tel. +39.334.7382992 – c/o Museo del Novecento Via G. Marconi, 1- 20123 Milano.

Published by rossiroiss, on ottobre 28th, 2016 at 5:13 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DI UN UOMO DELLA MIA ETA’

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(Preambulatoria…mente)

Svelerà la mia interiorità chi mi descriverà

creativo polimorfo scribente anche poeta.

Apro porte sul buio ogni volta che scrivo versi

per attraversare l’inverno e vedere più cose.

I miei versi sono la mia sopravvivenza

il mio vissuto, la mia immortalità.

Fiducioso nelle virtù terapeutiche del poetare

i demoni che albergano dentro me.

L’opposizione della realtà all’immaginazione

è la struttura portante della mia versificazione.

La mia poetica nasce dal dissidio interiore:

dalla necessità di neutralizzarlo poesiato.

Seamus Heaney ha titolato “Sia dato credito alla poesia”

il suo discorso di accettazione del Premio Nobel 1995.

La compaesaneità minimizza.

La concittadinanza ghettizza.

La corregionalità delimita.

La connazionalità connota.

La mondialità globalizza.

Soltanto l’universalità può maximizzare

un uomo della mia età, l’età di molti!

versificatore a futura memoria categoriale.

Un uomo restio a ruolarsi Cavaliere Rusticano,

poiché gli si addice emulare Cirano,

sapendo come e dove toccare giustamente,

alla fine di ogni sua licenza scrittòria,

scoetanizzandosi dai simil-anagrafati.

Published by rossiroiss, on ottobre 12th, 2016 at 10:10 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

Di una expo-spot di Salvador Dalì pro redditività di un palazzo bolognese neo-location per eventi eterogenei


http://www.ilrestodelcarlino.it/…/dali-mostra-palazzo-bello…
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Dopo (e come) Palazzo Albergati, un altro palazzo bolognese (Palazzo Belloni, in via Combruti angolato con via Barberie) sarà messo a reddito come location espositiva et altro eventabile, a cominciare dal 25 novembre 2016. In 800 mq dei suoi numerosi spazi sarà allestita una esposizione di opere eterogenee di Salvador Dalì per illustrare il suo universo iconico più mercanteggiato. Saranno esposte opere grafiche in grande quantità (eseguite per illustrare testi letterari), sculture multiplicate di grandi dimensioni e gioielli replicati per la cosiddetta bisogna commerciale.Entrance in via Barberie… no free.
Non è stato notiziato come “collaborante” lo spazio espositivo intitolato Salvador Dalì a Parigi e a Londra, né indicato Beniamino Levi come curatore e imprenditore economico Presidente della Fondazione Ambrosiana Beniamino Levi. Lo stesso Levi milanese della fu Galleria Levi di Via Montenapoleone, boss daliniano monetizzatore della attività così webizzata: http://www.thedaliuniverse.com/it/exhibitions/dali-experience.
Come nel 2011 a Venezia in concomitanza con la Biennale, allestita in alcuni spazi della Scola Sant’Apollonia insediata in uno spazio smuseato del Museo Diocesano retrostante San Marco. Entrance con ticket 10 euro.
Come in altri spazi locati ad hoc (perfino in Russia a Mosca) e in fiere dell’arte neonate, non ultima la ArtRiga 2014 in Lettonia.
Sotto a chi tocca con l’uso espositivo di altri Palazzi bolognesi deredditati dalla impossibilità per chi li possiede di ottenere dalle Autorità Competenti l’autorizzazione a progettare e realizzare un loro uso più remunerativo di quello soltanto abitativo.
Docet l’uso espositivo nei (e dei) PALAZZI cittadini (in ordine alfabetico): Albergati, Fava, Montanari, Pepoli Campogrande.

Published by rossiroiss, on ottobre 12th, 2016 at 11:00 am. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

UN GUAZZABUGLIO DI ESERCIZI SCRITTORII INEDITI DI UMBERTO ECO DOCENTE DEL DAMS

Poichè di Umberto Eco non si deve buttare via niente, come da gran tempo si consiglia fare di tutto ciò che insiemizza altra unicità alimentare, ho deciso di anticipare feisbukata l’esistenza di alcuni schizzi sememizzati da Eco nel tempo in cui ha tenuto lezioni nelle aule del Dams in via Guerrazzi a Bologna, già autore de “Il nome della rosa”. Decidendo di fare ciò in data 4 ottobre 2016, giorno in cui inla Repubblica” pubblicizza l’esistenza di 50 piccole graphic novel, disegnate ante litteram da Eco con la stilografica su fogli di quaderno durante le ore di lezione nel liceo Plana di Alessandria, e affidati ufficialmente con l’autorizzazione di utilizzo esclusivo a Mario Garavelli, compagno di studi poi magistrato amico.

I fogli in mio possesso sememizzati da Eco sono formato A4,complessivamente 20 con 7 scritti anche sul retro. Le loro superfici risultano autografate tutte da scrittura eseguita usando penne stilografiche. Tranne un foglio con disegnato un autoritratto, d’apres il ritratto del Pericoli che illustra le “Bustine di minerva. Documentano un guazzabuglio di esercizi scrittorii eseguiti privilegiando la manipolazione lessicale, la parodia giocosa e ironica, la polisignificazione, la enigmaticità anche enigmistica, l’humor goliardico mai domo disanagrafato & disanagrafante. Come e quando io li abbia acquisiti lo rivelerò, eventualmente, eseguendo un esercizio scrittòrio narrativo.

Risultati immagini per umberto eco pericoli

Qui di seguito trascrivo campionariata una silloge di 31+6 strofe ad personam, preceduta da una versificazione omologa giocosa.

Rime dia estremi

Se lei non t’ama, sfodera la lama

(ma punta con garbo, senza tanto sgarbo)

Se ti tradisce – ricorda – in core si punisce

(e non pensare ch’ella non sappia amare)

Se hai prova certa ch’ella non ti pensa

cerca conforto a mensa:

(mens) sana in corpore est

Se parla d’altri con accesi accenti

frena i lamenti (in cor)

e menti

se senti

che al rispetto di lei tu stai mancando

fiuta celiando (fandonia licet)


STROFE  AD PERSONAM

I

Arbia Giancarlo…

ricordo come parlo

giancarlo arbia

quarant’anni in moto e via !

II

Giorgio Baldi

cercava i suoi araldi

baldi giorgio

in silenzio mi forgio

III

Bolchi Sandro era lontano…

lo cercavo con la mano

non ricorda sandro bolchi

ma i ricordi miei son solchi

IV

Binda Lorena,

la notte era piena…

lorena binda

e la casa tua linda

V

Pippo Calò

ladro e macrò

(di) calò pippo

io me ne impippo

VI

Cristina Cano,

insegnante di piano

cano cristina

conservo la stima

VII

Patrizia Cantelli

occhi azzurri e monelli

cantelli patrizia

coltiva l’arguzia

VIII

Patrizia Cantelli

del segno gemelli

cantelli patrizia

coraggio e mestizia

IX

Patrizia Cantelli

in via del Pratello

cantelli patrizia

un restauro inizia

X

Patrizia Casini

lei ama i piccini

casini patrizia

li ama con grazia

XI

Maurizio Colmegna

il ricordo m’impegna

colmegna maurizio

in salita fu l’inizio

XII

Sergio Colomba

è a prova di bomba

colomba sergio

:. Lo stile io smercio

XIII

Marizio Costanzo

an’ vedi che ganzo!

costanzo maurizio

si toglie ogni sfizio

XIV

Degli Esposti Piera

il ricordo vago di una sera

piera degli esposti

Roma. Costi quel che costi !

XV

Marco De Marinis

libri, barba e pedalini

de marinis marco

scocca idee come da un arco

XVI

Chiaretta De Santis,

sfiorata dal lapis

de santis chiaretta

fuggi in tutta fretta

XVII

Guido Ferrarini

affida i suoi destini

ferrarini guido

al critico infido

XVIII

in salita è Floridiana

ci arrivammo una mattina

floridiana va in salita

e a sinistra era l’uscita

XIX

Alessandra Frabetti

con o senza mariti…

frabetti alessandra

lei gli sbocchi rimanda

XX

Pietro Fraticelli

palcoscenico e sportelli

fraticelli pietro

non si può tornare indietro

XXI

Inigo Galante

a volte scostante

galante inigo

che razza d’intrigo !

XXII

Antonio Maria Magro

bruno esile e un po’ agro

magro antonio maria

che si fugge tuttavia…

XXIII

Picchi Arnaldo e vino caldo

arnaldo picchi, ricordo da ricchi

XXIV

Pirazzoli Bianca Maria

stavo bene in casa tua

maria bianca pirazzoli

il ricordo tuo non voli

XXV

Enzo Rossi la prassi

consiglia i più bassi

(di) rossi enzo

è difficile il consenso

XXVI

Seri Annarita

m’aiutò e fu concupita

annarita seri

hai un po’ dei miei pensieri

XXVII

Seri Annarita

Roma è solo una soffitta

annarita seri

e i pensieri desideri

XXVIII

Silvana Strocchi

in cerca di sbocchi

strocchi silvana…

li trova in sordina

XXIX

Antonio Taormina

organizza e propina

taormina antonio

Barthes e Lennon in pinzimonio

XXX

Turcino Annarita

ardente ed ardita

annarita turcino

ritorna un pochino !

XXXI

Claudio Zanasi

dai muscoli bifasi

zanasi claudio

bicipide, de gaudio!

ADDENDA

1

Via delle Medaglie d’Oro

aspettar fu il mio lavoro

delle medaglie d’oro via

la pazienza fu anche  tua

2

nel tuo letto ci fu accordo

però solo mio è il ricordo

ci fu accordo nel tuo letto

la memoria è un po’ difetto

3

Via del Governo Vecchio

un cortile, un pozzo e un secchio

dl governo vecchio via

i ricordi porti via

4

quelle cene consumate

senza sguardi e con ferite

il ricordo non è oltraggio

se affrontato con coraggio

5

la forza del destino

fu il primo zuccherino

del destino la forza

nel ricordo si smorza

6

Castrocaro non credevo

in un cinema sgraffiato

castrocaro non sapevo

che sapere era peccato

Published by rossiroiss, on ottobre 4th, 2016 at 1:21 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

La marcia di avvicinamento mediatico di Gianfranco Calligarich AI PREMI STREGA E CAMPIELLO 2017 ha avuto inizio

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Notiziato, giudicato e promosso ad hoc, domenica 2 ottobre dal “Corriere della Sera” (Ermanno Paccagnini) e lunedì 3 ottobre da “la Repubblica” (Paolo Mauri) il nuovo romanzo di Gianfranco Calligarich edito da Bompiani col titolo “La malinconia dei Crusich” è possibile pronosticarlo concorrente ai premi Strega e Campiello 2017. Come l’ho preconizzato scrivendo il testo che ho webizzato nel blog del mio sito personale il 22 settembre (http://www.rossiroiss.it/blog/?p=1415).
Considerando contentino minore ogni altro Premio letterario italiano.
Considerando tale libro contenitore di un esercizio scrittòrio post Holden sbariccato & sbariccabile.
Anche rieditabile, rivisto e arricchito come è già accaduto al “Posta prioritaria”, con 7 “storie” inedite aggiunte alle storie edite da Garzanti nel 2002. Come è accaduto ai “Promessi Sposi” rieditato più volte dal Manzoni con revisioni & aggiunte.
Il Calligarich ci pensi su e dia inizio, appena possibile, ai lavori di scrittura per farcire il già narrato malinconicamente. Ci narri il Gino Crusich
futuro o già fotografo (letteraturizzazione di se stesso scrittore): nel 1954, l’anno della restituzione di Trieste all’Italia – nel 1956, anno della Ungheria invasa e occupata dalla Unione Sovietica, studente che non ha ancora deciso di “buttare via i libri e la scuola” (un istituto tecnico) – nel 1968 anno storico della rivolta studentesca, docu-fotografo emigrato a Roma – nel 1978 sceneggiatore televisivo trasteverino, durante l’anno dell’Aldo Moro rapito e ucciso dalle Brigate Rosse. Narrazioni assenti nel libro pubblicato.

Paolo Mauri, il medesimo de “Il Cavallo di Troia” trimestrale (1981-1989) ha scritto: “L’intero romanzo è una sorta di caleidoscopio pieno di storie, di luoghi e di personaggi anche misteriosi. Uno di loro, veterinario, verso la fine del libro (pagine dalla 426 alla 438), cura un falco ferito e poi lo libera perché possa tornare a sprigionare la sua immensa forza. E’ una pagina bellissima, la metafora, credo, dell’intera storia”. Concludendo la sua lunga recensione con istruzioni per la degustazione “letturale” della intera narrazione: “Una saga, come quella dei Buddenbrook o dei Buendia”.
Ermanno Paccagnini ha concluso scrivendo
questo explicit: “Romanzo che si distende in una narratività della quale resti felicemente prigioniero, per quel suo portarti dentro, facendoti vedere ciò che racconta”. Dopo aver rammemorato il Fulvio Tomizza autore de “La miglior vita” e Arturo Loria narratore de “Il falco”.

Poichè nella narrazione del Calligarich, “….la presenza umana è ridotta alla funzione dell’occhio di chi narra, a uno sguardo personale passivo che intende avvicinarsi a quello della fotografia o della macchina da presa” (per dirla con parole di chi ha dimestichezza con i narratori della cosiddetta “Scuola dello sguardo”), qualcuno dei prossimi recensori ci evidenzi eventuali tracce del “Nouveau Roman” d’antan.

Published by rossiroiss, on ottobre 3rd, 2016 at 3:09 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

IL POVER-ARTISTA PIER PAOLO CALZOLARI HA CHIESTO E OTTENUTO DI RISULTARE ASSENTE NELLA EXPO “BOLOGNA DOPO MORANDI”

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L’expo BOLOGNA DOPO MORANDI di Renato Barilli non ha piedi con giuste misure per calzare un dittico del 1986 di Pier Paolo Calzolari. Tramite la sua galleria di riferimento (De Foscherari) l’artista ha preteso e ottenuta la sua rimozione nel Palazzo Fava dalla sezione intestata allo Studio Bentivoglio: un bi-salone espositivo bolognese degli Anni Sessanta considerato dal Barilli “scuola” col Bendini nel ruolo di docente. Lo stesso bi-salone divenuto poi mini teatro of, nomato Delle Moline. Una bi-salone/studio personale del Calzolari (dal 1965 inquilino over30 non ancora pover-artista affermato…nella realtà) che ospitò nel settembre 1967 un allestimento espositivo personale polimorfo & polimaterico di Vasco Bendini suo suocero & popartista stagionale inseminato (esteticamente cooptato!?…come altri) dal successo con notorietà conclamata della Pop Art premiata dalla Biennale a Venezia nel 1964.
Renato Barilli ha ritenuto opportuna la rimozione dell’opera dalla esposizione, accontentando il Pier Paolo Calzolari divenuto pover-artista noto: connotato da arredo pilifero facciale sapienziale (Barba ci cova!) over70enne (nato nel 1943), ex genero di Vasco Bendini.

Calzolari per narcisismo e per orgoglio ha deciso di far togliere l’opera. Per il resto l’impianto della mostra resta tale e quale. Lo abbiamo accontentato, ma senza sottoscrivere né condividere in alcun modo la sua richiesta”, ha dichiarato Il critico-Prof.-curatore a una cronista de “la Repubblica-Bologna” datata 1° ottobre 2016.
Per quanto riguarda lo Studio Bentivoglio e il suo uso anche come location espositiva durante gli Anni 60, avendo personalmente partecipato alla inaugurazione della expo di Vasco Bendini nel settembre 1967, con allestimento personale polimorfo & polimaterico et avendo anche tempestivamente pubblicato (più volte variamente ripubblicato) un testo scritto per commentarla “…a botta calda”, considero opportuno riproporlo.

Risultati immaginiVasco Bendini (1922-2015)

CRONACA DIRETTA DELL’INAUGURAZIONE

DI UNA MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA

L’Intelligentia si assiepa intorno a uno scatolone

vuoto impiccato a una cordicella.

I giornalisti traducono in notizia gli arti

inferiori di un manichino posti a cavalcioni di un triregno.

I mercanti stimano l’immagine gigantesca di una pera.

I funzionari della Sovrintendenza alle Antichità e B.A.,

con i direttori di Gallerie d’Arte Moderna,

decifrano le impronte di mani ritagliate nella

gommapiuma in formato gigante, sparse sul pavimento.

Gli artisti si raccontano di avere già visto

cose simili in Rassegne Nazionali e Internazionali.

Gli amici, le compagne degli amici, tutti fingono di capire:

subiscono il ricatto del Nome esposto,

della Firma in calce alla presentazione nel catalogo.

I loro volti rivelano il disagio della

costrizione al giudizio indulgente.

Galleggiano nel mare magnum della incomprensibilità dei

capolavori esposti aggrappati tenacemente a

delle parole natanti salv’addetti-ai-lavori.

La parola capace di significati possibili è

l’ospite d’onore e la valletta.

La parola può ancora essere consumata (fruita, pardon!),

per nostra fortuna.

La parola è suono, è musica, significa.

Se per un prodigio da Mille-e-una-notte o da Vangelo,

i Signori presenti, tutti i Signori presenti,

divenissero all’improvviso muti, nessuno sarebbe capace di

esprimere con gesti il significato della mostra.

Le opere esposte sono gesto,

solo la parola può etichettarlo, ismarlo.

L’ismaizzazione aiuta a provvedere di significati

opere d’arte che altrimenti non significano.

L’Intelligentia s’impegna, perciò, a dissimulare

il proprio imbarazzo, lo stesso imbarazzo che

prova un Cattolico Sofferente nel sostenere con

lo sguardo la presenza di un Prelato che gli sta sugli oni,

Organi Inferiori la cui citazione è disapprovata degli

Organi Superiori.

Si ha rispetto per l’artista.

Ha un curriculum eccellente, una bibliografia nutrita”.

Ha sempre contestato, continua a contestare”.

All’uomo può essere detta la bugia pietosa.

Tutti bugiosi!

(Pierino disse, un giorno, “bugioso”, al suo papà

anziché bugiardo: fu molto espressivo).

Si conoscono i generosi, i curiosi, i golosi,

i lussuriosi, i….:istituiamo i Bugiosi.

Tra costoro cataloghiamo molti addetti-ai-lavori

della critica d’arte.

Mio caro Diderot, maestro Diderot, tu non sarai catalogato:

reduce da una visita a una mostra d’arte

tu usavi riassumerci il racconto appreso dalle opere esposte

prima di servirtene per digressioni e predicozzi

sulle strutture mentali dei tuoi contemporanei.

I Bugiosi, invece, visitano le mostre per contrabbandare

la propria cultura scrivendo critica d’arte.

Hanno un’attenuante, però,

molte delle opere esposte non raccontano loro gran che.

Scritto nel settembre 1967 a Bologna, dopo aver visitato una esposizione di Vasco Bendini allo Studio Bentivoglio; pubblicata in “Qui Bologna”, 14 marzo 1974 a Bologna. In “Poemi Doping”, pag. 34, I Antichi Editori Venezia 2008.

Published by rossiroiss, on ottobre 1st, 2016 at 12:53 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DELLA TIMOFEEVA BIENNALIZZATA A MOSCA IN UNA BIBLIOTECA

MEMENTO 25 settembre 2011
DELLA TIMOFEEVA BIENNALIZZATA A MOSCA
IN UNA BIBLIOTECA NOMATA “MIRudonimo VGBIL”

Un progetto espositivo speciale per la IV Biennale di Mosca (23 settembre – 16 ottobre 2011) è stato concepito da Maurizio Vanni,  insediato nella MIRudomino All-Russia Biblioteca di Stato per la Letteratura straniera (VGBIL vgbil@libfl.ru), protagonisti gli artisti Francesco Attolini, Christian Balzano e Lolita Timofeeva. Una location estranea e marginale al circuito moscovita che reddita e accredita chi si attiva professionalmente promuovendo e commercializzando opere d’arte: già utilizzata dalla Timofeeva nel 2004 per esporre alcune opere del ciclo “Anatomia di Firenze”. Le nuove opere della pittrice lettone italiana russofona (nata a Riga nel 1964, cittadina italiana dal 1991) risultano insiemizzate dal titolo “Opus Alchymicum”, tutte riprodotte in una pubblicazione monografica edita da Allemandi con un testo critico di Arturo Schwarz (nato nel 1924). Sono accreditate come opere di un’artista che: “ Nel 1997 ha rappresentato la Lettonia  con una mostra personale nella XLVII Biennale di Venezia”: disapprovata e misconosciuta da Helena Damakova e Solvita Krese, perchè curricultata come nel link: http://www.italo-baltica.it/wordpress/lolita-timofeeva-2.html (dal mio libro “Mondo lettone made in Italy” – QuattroVenti Edizioni Urbino).

1991, non ancora stabilmente bionda, nel giorno del matrimonio col lucano Emanuele Noviello

1991, non ancora  tettoruta stabilmente bionda, nel giorno del matrimonio
col metalmeccanico lucano Emanuele Noviello a Monterenzio in provincia di Bologna

Published by rossiroiss, on settembre 25th, 2016 at 7:39 am. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

LA MALINCONIA DEI CRUSICH libroGodot di Gianfranco Calligarich

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La malinconia dei Crusich” narrazione/historia familistica con istruzioni per l’uso di Gianfranco Calligarch, rammemorante “La vita istruzioni per l’uso” di Georges Perec esercizio scrittòrio narrativo logotipabile Ou.Li.Po (Ouvroir de Littérature Potentielle, docet Raymond Queneau & Italo Calvino) per certe ricorrenti costrizioni sia formali sia semantiche. Contiene sufficienti occulte istruzioni per l’uso fiction televisiva a puntate con piani sequenza già ben sceneggiati, oppure per l’uso filmico con durata centottanta minuti e tante riprese on the road sia urbane sia extraurbane eseguite emulando Michael Cimino. On the road a Trieste nei giorni della Bora incattivita, nell’Africa di Mussolini, nella Milano bombardata, nella Roma della Dolce Vita e in ogni altra location deambulata o viaggiata dai Crusich narrati. Da scrivere il dialogato assente nel romanzo libresco.
Così una mia prima sinossi redatta d’amblè.

Molloy – Malone muore – L’innominabile”, la trilogia narrativa datata 1951-1953 che ha fatto vagheggiare al Samuel Beckett l’incontro col successoGodot, la notorietà letteraria, royalty adeguatamente redditive: con al seguito il benessere economico trainato da premiazioni blasonate, senza smettere di desiderare quella del NobelGodot, da “attendere” giorno dopo giorno, fiduciosi individui viventi e scribendi attivi, gratificati da premianti preliminari come il Premio Formentor del millenovecentosessantuno, premio neonato attribuito ex aequo al duo Borges – Beckett.
Così una mia prima annotazione presuntivamente pertinente.

La malinconia dei Crusich”, è un libro cartaceo edito nel duemilasedici da Bompiani, impresa scrittòria compiuta da Gianfranco Calligarich durante quattro anni per narrare vicende famigliari autobiografanti, investigate come altre vicende di altra storia famigliare (Buddenbrook) narrate da Thomas Mann 26ienne nel millenovecentouno: l’anno d’inizio della historia che ha per protagonisti i Calligarich ricognomati Crusich. Sicuramente il Calligarich ha visionato album fotografici e filmati d’antan: esaminando documenti archiviati e sememizzando oralità testimoniali rammemoranti.
Trattasi, perciò, così di una impresa editoriale che materializza nel vissuto dell’autore un libroGodot con al traino i libri predecessori editati variamente, a cominciare dall’annata millenovecentosettantatre, che saranno rieditati da Bompiani e proposti come scrittura narrativa tutta meritevole di numerosi lettori.

Ciò pensato e così scritto, è possibile a questo punto scrivere che trattasi di letteratura miscellata alla sceneggiatura per film praticata dal Calligarich per redditarsi domiciliato a Roma: considerando l’insieme narrato una microstoricizzazione delle gesta esistenziali e delle relazioni politiche e sociali dei componenti di un gruppo parentale con avo cognomato Crusich, a cominciare dal 1901, ante-intra-post Seconda Grande Guerra Mondiale.
Per quanto mi riguarda considero il libro del Calligarich custodia di una narrazione saporosa e mai disgustosa: della quale consiglio di prelibare il gusto e il retrogusto. Una narrazione esemplare come esercizio scrittòrio eseguito rigorosamente disciplinato da ricorrenti e virtuosistiche costrizioni sia formali sia semantiche.

Come ogni frammento flashbakato progredendo nella scrittura successiva: …ventottesimo della sua lunga vita, sentantunesimo di quella ancora più lunga… etc. (p. 11 e 24) – … un logoro impermeabile bianco che su chiunque altro sarebbe stato una bandiera di resa e su di lui era invece una vela provata dal vento ma lo stesso capace di navigare comunque fossero le condizioni del mare (pp. 206 e 216) – ...con un estraneo in autonoma crescita dentro di lui che non sapeva se accettare o no (p. 241), – concepito da genitori migranti da Trieste a bordo di una nave diretta in Africa, terzogenito partorito durante un Anno Trenta terminale in Eritrea a Asmara, dopo un primogenito nato in Italia dieci anni prima e un secondogenito nato in Italia dodici anni prima.

Come le ricorrenti costrizioni formali e semantiche “NO ad a SI a a”, “NO ed e SI e e”.

Come millenovecentouno anziché 1901, ventottesimo anziché 28°, idem ogni altro anno calendariante, ogni altro …esimo graduatorio e ogni quantità numerata sememizzata.

Come gli aggettivi qualificativi predecessori dei sostantivi qualificati: sabbiosa impassibilità, giallo pallone, polveroso piazzale, leggeri soprabiti, solida determinazione, notturna oscurità, sudati scaricatori, sassose montagne, bianca città, magri e neri buoi, pulito odore, nera ragazza, chiassoso e notturno matrimonio, solitaria visita (pp. 115/129).

Come il lemma “così” incipit, anziché explicit, di numerosi capoversi.
Così loro due seduti
(p. 225). Così lui in quella loro prima lite (p. 225). Così suo nonno sulla poltrona di legno sopra la pedana (p. 227). Così il collaudo ufficiale del grande aereo (p.239).

Così corsificati ho exemplificato alcuni brandelli trascritti del romanzo LA MALINCONIA DEI CRUSICH: narrazione di fatti realmente accaduti e personaggi realmente esistiti, letteratureggiati non per ricordarli ri-cognomati Crusich, ma per non storicizzarli anagrafati Calligarich, destinatari comunque della dedica “… ovunque siano”, accomunati & accumulati dalla cognomazione col medesimo finalino CH croato.
Cosi notiziato & promosso, recensisco il libro di uno scrittore da me in-camerato nella Casa dello Studente a Urbino durante gli ultimi Anni Cinquanta, a cominciare dal millenovecentocinquantasei, anno dell’Ungheria invasa dall’URSS.

Il Piccolo di Trieste lo ha recensito per primo titolando: Calligarich racconta i destini di famiglia in un secolo d’Italia (16 settembre). Tempestivamente divulg-feisbuk-ato: Attendendo Paolo Mauri con “la Repubblica” et omologhi.
Al seguito ogni altra recensione con la rituale sinossi editoriale pierrata, farcita con divagazioni attinenti la cifra narrativa, il virtuosismo stilistico, la tessitura narratologica et altro non sememizzato trasparente celato in filigrana nelle 428 pagine con stra-fitte righe da leggere.

Gianfranco Calligarich è già stato premiato con l’Inedito nel 1973 e il Bagutta nel 2012 (es aequo con Giovanni Mariotti). Si attivi chi può perché sia premiato nel 2017 col Campiello, oppure con lo Strega.

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Per leggere altro cliccare questo link: http://www.calligarichgianfranco.com/index.php?option=com_content&view=featured&Itemid=101

Published by rossiroiss, on settembre 22nd, 2016 at 9:47 am. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

“L’ULTIMA ESTATE IN CITTA’ ” DI GIANFRANCO CALLIGARICH

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“L’ultima estate in città“ di Gianfranco Calligarich (nuovamente edito da Bompiani,riedito da Aragno, già edito da Garzanti) è un romanzo da leggere muniti di lapis ben temperato per la sottolineatura di ciò che può risultarci citazione opportuna, aforisma arguto, analogia felicemente concepita, intrigati da una narrazione d’antan intrisa di vissuto personale amarovitizzato (o sdolcevitizzato), strizzato e steso ad asciugare in una Roma fine anni 60 e principiante gli anni 70.
Un lapis per sottolineare subito l’incipit: “Del resto è sempre così. Uno fa di tutto per starsene in disparte e poi un bel giorno senza sapere come, si trova dentro una storia che lo porta dritto alla fine”.
Il Calligarich l’ho conosciuto nel 1957 in Urbino, studente milanese del Corso di Giornalismo, già autore di testi scritti per narrare dei pirati (bucanieri) e della pirateria, che nel suo romanzo (p.26) risultano scritti dal protagonista Leo Gazzarra e utilizzati come supporti bibliografici da un altro protagonista (Renzo). Lo ricordo protagonista durante la Festa della Matricola, in rapporto di coppia con una piacente coetanea pesarese, disponibile e collaborante per ogni iniziativa dei compagni di studio.
Paolo Mauri ha recensito questo romanzo ne “la Repubblica“ (10.03.2010), segnalandolo come referto esistenziale, piccolo gioiello letterario già edito da Garzanti nel 1973, ironico e dolente insieme, protagonista un personaggio che dice “alzo le vele“ (la pirateria docet!) per dire “vado“ ogni volta che decide di andare: considerando “sfinocchiato“ chiunque (anche se stesso) gli rivela di aver toccato quel “limite“ che contrassegna il punto in cui una persona comincia ad arrendersi, perchè le cosiddette “cose“ non vanno per il verso giusto o non vanno neanche spinte.
Buona lettura col lapis in mano per eseguire, eventualmente, alcune sottolineature come quelle che seguono.

Siamo quello che siamo non per le persone che abbiamo incontrato ma per quelle che abbiamo lasciato (p.18).
La bellezza non puzza mai di fatica e di conquista ma viene direttamente da Dio e questo basta a farne la sola vera aristocrazia umana (p.53).

La città era così vuota che si sentivano i palazzi invecchiare (p.62).
Il silenzio era tanto che potevamo sentire il fiume scorrere sotto i ponti (p.66).
Sono sempre i denti a denunciare la povertà di nascita di una persona, i denti e gli occhi (p.76).
Dopo i tentati suicidi ci vuole sempre molta dignità (p.87).
Così lo lasciai lì a guardare la vita dalla posizione più tollerabile (p.90).

(Già postato anche in: http://www.iantichi.org/?q=node/465http://www.lampisterie.ilcannocchiale.it/ )

Published by rossiroiss, on settembre 12th, 2016 at 12:49 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DI UN NONNO GIOCATORE IN CAMPO DURANTE I TEMPI SUPPLEMENTARI

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A Parigi con la figlia Rebecca ((sul fondo)

Un uomo della mia età… l’età di molti!,
dopo aver appreso che sarebbe stato ruolato nonno,

ha cominciato a percepirsi in buona salute,

coetaneo di similgenetliacati bis-nonni…badati:

prefigurandosi la propria esistenzialità residua,

durante l’attraversamento di un tunnel

con l’accesso sulla linea di un orizzonte
retrostante all’orizzonte che gli risulta visibile.

Un tunnel privo di ogni indicazione evidenziata,

relativa alla sua lunghezza e alle sue sicurezze,

nel momento in cui ha cominciato a pensare

come dovrà relazionarsi con un nipotino,

in concomitanza col suo 79esimo compleanno,

genitore d’antan di un 55enne senza prole

divenuto zio coetaneo di similanagrafati già nonni.


Quest’uomo della mia età… l’età di molti!,

mi ha scelto, perciò e d’amblè, come scrittore ombra

della sua esistenzialità di ottuagenario non scribente,

durante uno dei giorni prenatalizzi del 2015.

Annunciandomi che durante l’anno bisesto 2016

sarebbe divenuto nonno dI un nascituro primogenito,

destinato a distinguersi nomato e geneticato ad hoc,

figlio primogenito di una donna che è sua figlia:

zodiacato Vergine come la madre e il nonno.

Non disponendo di alcun modello di nonno da emulare,

l’uomo della mia età… l’età di molti!, però,

mi ha incaricato di pensare in sua vece

come attraversare il tunnel del nuovo orizzonte,

consigliandolo riguardo al “Che fare” canonico:

poiché non dispone di alcun sapere adeguato.

Mi ha chiesto “sic stantibus in rebus”

di essere e scrivere come suo alter ego.

Anticipandomi che può assumere soltanto l’impegno

a fornirmi esercizi di narrazione orale autobiografante,

come exemplifico qui di seguito perché sia parafrasato:

narrandomi altri nonni come io narrerò i miei,

presenze referenziali mancate loro malgrado.

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Biennale d’Arte a Venezia nel 1964, con Lucio Fontana

DEL MIO NONNO MATERNO

Del mio nonno materno Salvatore Pesce (1882 – 1946), nato nell’anno delle morte di Giuseppe Garibaldi e morto nell’anno della nascita postbellica della Repubblica Italiana, posseggo alcune immagini fotografiche che lo ritraggono in abiti domenicali aggruppato ai famigli. Conoscitore del suo micro universo sociale abitato e redditato dagli operatori economici e dai lavoratori agricoli. Estimatore, quindi, soltanto delle eccellenze socio-economiche e culturali relative all’agricoltura.
Posso scrivere che ha generato figliolanza alfabetizzata (2 donne Rosaria e Genoveffa + 1 uomo Luigi): scrivendo che nella società civile del suo tempo ebbe ruolo di fattòre (facitore, curatore, agente) agricolo nel territorio salentino, privo di possedimenti personali, caratterializzato da sospettosità per ogni immigrato nel suo territorio, non considerandolo portatore di eccellenza in attività lavorative diverse da quelle agricole. Come il mio papà, eccellente maestro muratore “Mesciu Pippi te Manduria”, molto apprezzato in loco: indesiderabile, però, come possibile marito di una delle sue figlie, perché generato da una donna più volte vedova rimaritata e madre di figli diversamente cognomati (1 Accetta + 4 Rossi + 2 Maggi).
Durante i primi 8 anni della mia esistenza, ricordo di averlo incontrato episodicamente scambiandoci affettuosità rituali in occasione delle festività religiose locali e nazionali. Testardamente ostile a mio padre perché era riuscito a sposare una delle sue figlie, previo rapimento (
fuitina) consenziente.

L’ho sempre incontrato nella sua residenza campagnola limitrofa a un insediamento urbano salentino nomato Novoli: una residenza privata soprastante un groviglio di ambienti per le attività lavorative agricole, con agrumeto e pozzo con acqua sorgiva: contornato da muratura tufacea accessibile attraverso un’apertura ostacolata da un cancello ferroso lucchettato. Continguo, tutto ciò, ad altre residenze famigliari private: con uso collettivo di piccola chiesa consacrata a Santa Lucia. Un mini villaggio, quasi, destinato a essere fagocitato durante i decenni successivi dalla urbanizzazione confinante.

Questo nonno mi ha privato della sua esistenza 9 anni dopo la mia nascita senza alcun ricordo dei nostri rapporti impresso in modo indelebile nella mia memoria.

DEL MIO NONNO PATERNO
Non posseggo immagini né ricordi del mio nonno paterno Vincenzo Rossi, nato nel 1867 a Caserta luogo personale di provenienza anagrafica, imparentato con i Rossi comprensivi anche del giornalista Ernesto Rossi (1897-1967). Un nonno redditato a Barletta dall’azienda ferroviaria dell’epoca, presso la quale risultò qualificato “commesso ferroviere”, un nonno alfabetizzato capace di leggere e scrivere, quindi. La mia calligrafia somiglia alla sua, particolarmente la mia firma autografa giovanile confrontata alla sua firma autografa apposta nel registro anagrafico dei matrimoni contratti a Barletta nell’anno 1902 (stesso nome e cognome). Una firma vergata senza esitazione dalla mano di un uomo ben alfabetizzato (dati i tempi!) lavorante in un ufficio, obbligato a firmare documenti burocratici più volte durante la stessa giornata lavorativa.
Trentacinquenne sposò nel 1902 (l’8 giugno a Barletta) una giovane vedova casalinga analfabeta (Maria Savina Dellisanti) 25enne gravida e già madre di un figlio unico nomato Michele Accetta (nato il 15.6.1899): generando e scolarizzando durante gli anni successivi quattro figli cognomati Rossi, compreso mio padre Giuseppe, nato quartogenito nel 1908 (terzo dei Rossi).
A Barletta, la famiglia del mio nonno paterno ha vissuto in un appartamento col l’accesso nell’androne di un edificio costruito fuori della stazione ferroviaria a sinistra, poi ancora a sinistra, un grande arco, quindi un cortile. Il rapporto con la Dellisanti, vedova 25enne e già madre di un bambino 2enne, lo suppongo iniziato come rapporto di servizio, sia collaborativo sia abitativo, divenuto ravvicinato e clandestinamente sessuale fino al matrimonio riparatore.
Questo nonno mi è stato narrato da mio padre come un nonno morto misteriosamente 46enne, sette mesi dopo l’inizio della prima Grande Guerra, il 21 febbraio 1915 alle ore 17,20, in Vico Chiuso Abate n.10 a Barletta. Fu sepolto in una fossa comune.
“Il nonno aveva tentato il suicidio con un colpo di pistola, disperato per un male dolorosissimo, ma la moglie giunta in tempo gliel’aveva impedito. La vox populi divulgò come notizia la sua morte, dicendo che era stato affatturato e avvelenato da maleintenzionati a causa della sua dirittura morale ”, mi ha più volte detto mio padre ammirato.
Morto questo nonno, la mia nonna paterna sperimentò nuovamente la condizione di vedova (38enne) con cinque figli a carico (3 maschi Michele, Giovanni e Giuseppe + 2 femmine Anna a Lucia, ultima nata nel 1912): destinandosi a generare altri due figli Nicola e Leonarda) durante il dopoguerra, maritata (42enne, il 22 aprile 1919) ad un piccolo proprietario terriero (Filippo Pasquale Maggi), insediato a Uggiano Montefusco nei pressi di Manduria in provincia di Taranto, che sarebbe poi morto anagrafandola vedova per la terza volta: fino al 16 gennaio 1957, giorno della sua morte.
Funzionario dell’azienda ferroviaria a Barletta, proveniente dai Rossi di Caserta, ben alfabetizzato già durante gli ultimi anni del 1800: con questo nonno avrei sicuramente intrattenuto rapporti fertili, fosse morto alcuni anni dopo la mia nascita. Fosse vissuto tanto da educare e scolarizzare ulteriormente i suoi figli, dando loro la possibilità di frequentare istituti scolastici superiori a quelli delle elementari. Come è accaduto ai suoi nipoti e ai figli dei suoi nipoti (me compreso, con i miei figli!) ripristinatori e restauratori del loro ceto socioculturale originario…nonnesco.

Published by rossiroiss, on settembre 6th, 2016 at 1:04 pm. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati